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Ansia

Penso troppo e vivo male. Comprendere e affrontare il rimuginio e la ruminazione mentale

18 Maggio 2021 | a cura di Alessandro Rotondo | Tempo di lettura stimato 16 minuti

“La sedia di lillà”, una vecchia e struggente canzone di Alberto Fortis, recitava così: "Penso troppo al mio futuro, ci penso troppo e vivo male (…), ma tu non farmi questo errore vivi sempre nel momento…”. Due sole strofe per definire in modo magistrale il ruminio e come liberarsene!
Rimuginare e ruminare, cioè pensare troppo e troppo a lungo a qualcosa, appartengono alla comune esperienza umana. Tutti ruminano almeno una volta nella vita davanti a decisioni importanti a in momenti difficili! Ma, quando il “penso e ripenso” diventa eccessivo, incontrollabile e assillante, l’ansia, l’angoscia e la depressione che ne conseguono diventano intollerabili e possono trasformarsi in malattia.

Va subito precisato che i termini rimuginio e ruminazione, sebbene possano sembrare a prima vista sinonimi, indicano due processi mentali diversi, anche se spesso concomitanti.
Analizziamoli separatamente.

Il Rimuginio

Il rimuginio è caratterizzato da pensieri ripetitivi a contenuto negativo su ciò che può accadere in un prossimo futuro. Si osserva tipicamente nei disturbi d’ansia, soprattutto nel disturbo d’ansia generalizzata, in cui il soggetto tende a pensare e ripensare che qualche evento temuto sia sul punto di accadere o lo sarà nel futuro. L’evento negativo viene spesso vissuto “come se stesse accadendo”, con il risultato di acuire lo stato d’ansia e perpetuarla nel tempo. Concentrarsi sul presente e su ciò che di positivo si vive o si potrebbe vivere diventa sempre più difficile: si vede sempre il bicchiere mezzo vuoto, di quello mezzo pieno non c’è più traccia. Di frequente, il rimuginatore, specie quello di mezza età, ritiene addirittura di “star diventando demente perché il rimuginio lo assorbe talmente tanto da impedirgli di concentrarsi su quel che sta facendo, arrivando a compromettere persino la capacità di memorizzare gli eventi recenti.

Come e perché nasce il rimuginio?

Riflettere, se necessario anche a lungo, sui problemi della vita quotidiana e sui progetti per il futuro ha un ruolo adattivo e positivo da un punto di vista evoluzionistico. Se prendessimo sempre decisioni avventate, senza pensarci su, ci troveremmo sicuramente in un mare di guai… Visto in questa prospettiva, il rimuginio non riveste un ruolo patologico, in quanto assolve all’importante funzione di:

  • trovare un modo per risolvere o evitare eventi negativi futuri
  • prepararci al peggio se gli eventi negativi non possono essere evitati.

Diversa è la situazione di un’eccessiva tendenza a rimuginare “su tutto”, anche su problemi inesistenti oppure irrisolvibili. In questo caso, il pensiero si fisserà eternamente su eventi, anche banali della vita quotidiana, con uno sproporzionato timore del danno e la tendenza a previsioni catastrofiche. Tormentato dall’incertezza e dal timore dell’imprevisto, il rimuginatore dubita delle sue capacità, trema all’idea di sbagliare, è ossessionato dalla necessità di controllare tutto in modo esasperato per raggiungere una perfezione … irraggiungibile. Alla domanda: “ma cosa c’è di terribile in ciò che mi dice, cosa teme che potrebbe accadere?”, i miei pazienti giustificano il timore o la valutazione negativa immaginando eventi o conseguenze negative.

Il risultato finale non potrà che essere una catastrofe irreparabile. Chi ha un attacco di panico con il cuore in gola e la sensazione di soffocare avrà sicuramente un infarto; il fobico-sociale, che teme il giudizio della gente e si sente inadeguato e inferiore agli altri, si convincerà di essere un emarginato; il pessimista cosmico penserà che il figlio che non torna a casa all’ora stabilità abbia sicuramente avuto un incidente e telefona a ospedali e carabinieri.

Il rimuginatore tende a sottovalutare le proprie attitudini e competenze per non esporsi al rischio “che qualcosa vada male”. È pervaso da sentimenti di incapacità, indegnità e debolezza che spesso lo inducono ad accettare, con rabbia repressa e frustrazione, posizioni subalterne al lavoro, nella famiglia e nella società.

Perché il rimuginio è incontrollabile e pervasivo?

Il “rimuginatore” proviene spesso da una famiglia di … rimuginatori che, proprio a causa delle loro ansie e paure, hanno atteggiamenti iperprotettivi e trasmettono ai figli il terrore e la predisposizione ad evitare tutte le situazioni potenzialmente negative e pericolose. Proprio per protegge il bambino da eventuali danni, i genitori prenderanno tutte le decisioni per lui “perché loro hanno esperienza e conoscono (a differenza sua) i rischi della vita”. Al bambino verrà, purtroppo, negata la possibilità di scegliere e sbagliare in autonomia, attività fondamentali per acquisire sicurezza nella vita.

Inoltre, come ben descritto da Sandra Sassaroli e Giovanni Maria Ruggero del centro di Studi Cognitivi di Milano, il rimuginatore non teme l’evento in sé, ma piuttosto crede di non essere in grado di controllare il pensiero e le emozioni, di non riuscire a trovare le soluzioni comportamentali corrette e di lasciar trapelare ansia, paura e vergogna oppure sentimenti di inferiorità e inadeguatezza.

Vive cercando di evitare “del possibile danno”, a cui finisce per adattarsi ed attribuire un significato positivo. Preoccuparsi continuamente è preferibile allo sforzo insostenibile e doloroso di affrontare in modo concreto i problemi della vita quotidiana. Per vincere l’angoscia, cerca di ottenere, senza ovviamente riuscirci, il controllo assoluto su tutte le circostanze della vita.

Monitorando e manipolando i continui aspetti temuti della realtà (ad esempio, il peso, il cibo o il grasso nei disturbi alimentari; i pensieri intrusivi o l’ordine esterno nel disturbo ossessivo compulsivo, ecc.) vive nell’illusione che riuscirà ad impedire tutte le evenienze negative da egli stesso continuamente paventate.
Il pensiero negativo tende in tal modo a perpetuarsi: il rimuginatore è obbligato, senza vie di fuga, a pensare e continuare a pensare al problema. L’ansia, l’angoscia, i sentimenti di impotenza aumentano ogni giorno d’intensità e durata e rappresentano un importante fattore scatenante, nei soggetti predisposti, di disturbi d’ansia (come il disturbo d’ansia generalizzata, il disturbo di panico, la fobia sociale) del disturbo ossessivo-compulsivo e della depressione.

"Penso troppo al mio futuro, ci penso troppo e vivo male (…), ma tu non farmi questo errore vivi sempre nel momento…"

Alberto Fortis - “La sedia di lillà”

La ruminazione

Nonostante abbiano aspetti comuni, la ruminazione si differenzia dal rimuginio.

Mentre, come abbiamo visto, il rimuginio è rivolto a prefigurare pericoli futuri, la ruminazione è orientata alla continua e infruttuosa rievocazione e rielaborazione delle emozioni e degli eventi negativi del passato, ad analizzare e comprendere le cause del proprio malessere. Come il ruminio è tipico, anche se non esclusivo, dei disturbi d’ansia, la ruminazione rappresenta un tratto distintivo della depressione. Le persone depresse tendono, infatti, a focalizzarsi sugli eventi, gli errori, le perdite della vita che hanno generato la propria sofferenza, si chiedono perché stanno così male. È un pensiero continuo, circolare, senza uscita che non solo scatena l’episodio depressivo, ma lo alimenta e lo aggrava. Questo perché la ruminazione, nonostante sia indirizzata al tentativo di comprendere l’origine e controllare le emozioni negative, si accompagna costantemente alla certezza di non essere in grado né di controllare le emozioni, né di risolvere i problemi che le hanno scatenate.

In un circolo vizioso, il tono dell’umore si abbassa sempre di più. In alcuni casi, alla depressione si aggiunge la rabbia, il rancore verso di sé o verso altri per eventi negativi vissuti o ingiustizie subite. Una rabbia che può essere repressa e alimentare la depressione, quando ci si ritiene responsabili dei propri fallimenti, ma può sfociare anche in gesti di aggressività verbale o fisica quando vengono individuati i presunti responsabili dei propri guai.

Come affrontare rimuginio e ruminazioni

Il trattamento più efficace per migliorare il rimuginio e la ruminazione è quello che include la farmacoterapia e la psicoterapia utilizzate in combinazione fra loro.

A cosa serve la terapia farmacologica

Sebbene non esistano trattamenti approvati specificamente, la ricerca clinica ha dimostrato l’efficacia di quelli utilizzati per la terapia dei disturbi di cui rimuginio e ruminazione costituiscono parte integrante:

I farmaci più utilizzati includono gli antidepressivi e i farmaci ansiolitici.

Gli antidepressivi, che oltre a curare la depressione, si sono dimostrati farmaci molto efficaci nel trattamento dell’ansia. Si inizia con piccole dosi che possono essere incrementate nel tempo in relazione al miglioramento del quadro clinico e all’eventuale comparsa di effetti collaterali, in genere ben tollerati. Va ricordato che iniziano a funzionare dopo 30 – 40 giorni e che l’iniziale persistenza dei sintomi di ansia e depressione va considerata del tutto normale.

I farmaci ansiolitici, appartenenti alla classe delle benzodiazepine e dei neurolettici:

  • Le benzodiazepine (per intenderci, il diazepam con tutti i suoi derivati e l’alprazolam), a differenza degli antidepressivi, funzionano rapidamente, nel giro di pochi giorni, ma vanno assunte per brevi periodi di tempo (1-2 mesi), in associazione agli antidepressivi e in attesa che quest’ultimi inizino a funzionare. Il loro uso prolungato (che, purtroppo, si osserva molto spesso) è assolutamente da evitare per il rischio di dipendenza dal farmaco con crisi di astinenza quando si cerca di sospenderlo e assuefazione, con perdita nel tempo dell’efficacia terapeutica.
  • I neurolettici sono farmaci utilizzati principalmente per la terapia delle psicosi (link). Alcuni neurolettici, possono essere prescritti in piccole dosi nelle forme di ansia grave, hanno una rapida e potente azione ansiolitica e non determinano, a differenza delle benzodiazepine né dipendenza né assuefazione.

La terapia farmacologica ha il merito di ridurre nell’arco di qualche mese e in modo efficace l’ansia, spesso invalidante, che accompagna il rimuginio e la ruminazione e che impedisce di affrontare efficacemente la psicoterapia che permette di apprendere strategie per riuscire ad allontanare i pensieri negativi quando arrivano. In pratica, se l’ansia è paralizzante (e chi ne soffre sa bene cosa intendo), senza una terapia farmacologica ansiolitica, è difficile persino riuscire a comprendere quello che lo psicoterapeuta suggerisce.
Figuriamoci a metterlo in atto…

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A cosa serve la psicoterapia

Come già accennato, i pensieri negativi tipici del rimuginio e della ruminazione sono “automatici”.

Affiorano nella mente e la pervadono indipendentemente dalla nostra volontà. Esistono efficaci tecniche psicoterapiche che insegnano ad accogliere i pensieri negativi senza seguirli per poi lasciarli andare, senza pretendere di combatterli nel vano e doloroso tentativo di scacciarli “con la forza della volontà”.

Per un approfondimento, vi invito a leggere l’articolo della dott.ssa Donatella Bielli, psicoterapeuta con comprovata esperienza nel trattamento di rimuginio e ruminazione.

LEGGI L’ARTICOLO La trappola del rimuginio e della ruminazione mentale. Come uscirne?

In questa sede, mi limiterò al solo elenco delle tecniche psicoterapiche che si sono dimostrate efficaci nel rimuginio e nella ruminazione

La psicoterapia cognitivo-comportamentale focalizzata sul ruminio che si basa sull’apprendimento di tecniche “problem solving” (affrontare i problemi qui e ora) e sulla sostituzione dei pensieri negativi e improduttivi con pensieri positivi e risolutivi.
La mindfulness, che, sulla scia degli insegnamenti buddisti, insegna a vivere la realtà com’è, accettando quel che di negativo capita nella vita e a spostare l’attenzione su quanto (tanto) c’è di positivo. In questa direzione, vengono anche utilizzate le tecniche di meditazione.

Qualche utile regola di vita…

  • Accanto alle terapie specifiche, uno stile di vita appropriato può essere di grande aiuto a controllare rimuginio e ruminazione.
  • Evitare bevande che contengono caffeina, teina, e stimolanti in genere perché inducono la liberazione di adrenalina e peggiorano l’ansia.
  • Evitare l’eccessivo uso di bevande zuccherate e dolci. Sembrerà strano, ma molti studi indicano che l’assunzione costante di grandi quantità di zucchero , attraverso l’alterazione cronica della glicemia (la concentrazione di zucchero nel sangue), peggiora significativamente ansia e depressione.
  • Evitare l’alcool. Spesso, l’alcool viene utilizzato come “autoterapia” per calmare l’ansia ed essere più disinvolti. Purtroppo, la sua efficacia in tal senso è limitata nel tempo e, con l’uso cronico, si incorre nel rischio di abuso e dipendenza con gravi conseguenze per la salute e le relazioni sociali e familiari che vengono irrimediabilmente compromesse. Inoltre, l’assunzione prolungata di alcool altera il ritmo sonno-veglia peggiorando sia l’ansia che l’umore.
  • Concedersi momenti di relax riuscendo a “staccare la spina”. L’attività fisica (passeggiate, nuoto, bicicletta, ginnastica a corpo libero, yoga, pilates), in base a molti studi, porta a un significativo miglioramento dell’ansia in associazione con le terapie specifiche di cui abbiamo parlato.
  • In questa direzione, la meditazione può essere di grande aiuto perché aiuta a rilassarsi e a concentrarsi su se stessi senza giudicarsi (i ruminatori si flagellano continuamente)

Per approfondire vi consigliamo queste letture sul ruminio e sulla ruminazione

  • E. D. Ansara: Management of treatment-resistant generalized anxiety disorder. Ment Health Clin (2020);10(6):326-34.
  • T. D. Borkovec, William J. Ray, and Joachim Stöber: Worry: A Cognitive Phenomenon Intimately Linked to Affective, Physiological, and Interpersonal Behavioral Processes. Cognitive Therapy and Research, Vol. 22, No. 6, (1998), pp. 561 ̄576
  • S. Sassaroli, G.M. Ruggiero: I costrutti dell’ansia: obbligo di controllo, perfezionismo patologico, pensiero catastrofico, autovalutazione negativa e intolleranza dell’incertezza. Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale, vol. 8,- (2002), n. 1.
  • S. Shearer, and L. Gordon: The Patient with Excessive Worry. American Family Physician, Volume 73, (2006), Number 6 March 15,
  • A. Wells: Metacognitive Theory and Therapy for Worry and Generalized Anxiety Disorder: Review and Status. Journal of Experimental Psychopathology, Volume 1 (2010), Issue 1, 133–145

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